Giovanni Bovio (Trani, 6 febbraio 1837 – Napoli, 15 aprile 1903) è stato un filosofo e politico italiano, sistematizzatore dell’ideologia repubblicana e deputato al Parlamento del Regno d’Italia.
Prima del 1799, la famiglia Bovio, di Altamura, era ricca, ma quando le orde di Fabrizio Ruffa mìsero a sacco la città, travolta dalla catastrofe repubblicana, perdette ogni avere e si trasferì a Trani. Il 6 febbraio 1837 in una modesta casa di via Mario Pagano, egli nacque da papa’ Nicola, modesto impiegato, il cui gramo stipendio non poteva bastare neanche a sfamare la numerosa famiglia, e da mamma Chiara. Giovanni Bovio trascorse la sua fanciullezza e la sua giovinezza a Trani, tra le ristrettezze economiche familiari e l’insaziabile sete di sapere che lo spingeva a leggere e, grazie ad una memoria prodigiosa, ad assimilare tutti i libri che poteva, attinenti al mondo classico, umanistico e filosofico. Viveva dando lezioni private di diritto, di letteratura e di filosofia, ma, all’età di 23 anni, dopo la pubblicazione del “Verbo Novello, sistema di filosofia universale”, compendio filosoficio di oltre 400 pagine, inviso agli ambienti ecclesiastici della nostra Città, dovette trasferirsi a Napoli, dove ebbe come suo primo amico il venerando giurista Luigi Zuppetta.
Sotto il Ministero Minghetti, nel 1872, superando grandi ostilità e lotte acerbe, ottenne il pareggiamento della cattedra di Storia del Diritto all’Università di Napoli e, nel 1875, consegui la libera docenza nella Filosofia del diritto. E ‘di questo periodo una sua lettera nella quale, accennando agli esami che dovette “subire” per poter continuare ad insegnare, ricorda che “se fosse stato giudice, non avrebbe approvato molti dei suoi esaminatori”. Le sue lezioni all’Università, armonico compendio di erudizione e di eloquenza, esercitavano un autentico fascino sui giovani che accorrevano in massa, anche se appartenenti ad altre facoltà universitarie, per festeggiare ed acclamare il professore della vita socratica. Fu di carattere adamantino, di una rettitudine intemerata che incuteva rispetto anche ai suoi avversari ideologici più accaniti e, coerente sempre con le sue idee, visse la sua vita con nobiltà di azione.
Nel 1884, quando il colera assunse a Napoli proporzioni spaventose, egli chiuse i libri e si iscrisse alla Croce Verde. Alla testa di una squadra di giovani volontari. Bovio penetrò nei fondaci, nei budelli del Mercato, nei tuguri senza aria e senza luce, dove spesso i cadaveri e i moribondi giacevano confusi. Proprio in uno di questi tuguri, un giorno Bovio incontrò il cardinale Guglielmo Sanfelice e gli strinse la mano. E ‘questa l’anima ispiratrice di tutta la vita e l’opera di Giovanni Bovio: la difesa dell’umile e del bisognoso, che egli volle elevato alla dignità di cittadino operoso, capace di assolvere tutti i compiti propri di una comunità civile ed impegnata: di qui la sua adesione al Partito Repubblicano e, soprattutto, la sua partecipazione alla vita politica nell ‘Estrema Sinistra, che significava posizione di pungolo nei confronti del Governo, Giovanni Bovio, nel 1876, entrò nel Parlamento per il Collegio di Minenvino Murge e, tranne una breve parentesi, vi rimase fino all’anno della sua morte, assurgendo al rango di filosofo della democrazia repubblicana. La sua multiforme attività può ricevere una caratterizzazione definita, laddove si colgano i quattro aspetti del suo infaticabile lavoro e della sua forte personalità: quelli di filosofo, di letterato e di insegnante, di oratore ed epigrafista, di uomo politico.
II pensiero filosofico, incentrato sul razionalismo assoluto, si estrinseca nei lavori pubblicati: dopo il “Verbo Novello” (1864), dette alla stampa il “Saggio critico del diritto penale” (1872), lo”Schema di naturalismo matematico” (1877), gli “Scritti filosofici e politici” (1883) il “Sommario della storia del diritto in Italia ” (1883), “Filosofìa del diritto “(1885) e, postumo. Il Naturalismo” (1903). L’opera letteraria, invece, dell’illustre tranese. trova la sua espressione più valida nei drammi “Cristo alla festa di Purim”, “San Paolo ” e “Il millennio “, costituenti la trilogia sacra, e nel ”Leviatano “, prima parte di una trilogia sociale rimasta incompiuta, nel “Socrate”, ne “Le ultime ore di Giordano Bruno” e nel ”Cisalpino al letto del Tasso”. Tra le opere letterarie meritano anche menzione la tragedia “Urea ” (1867), gli “Scritti Letterari” (1875), e un gran numero di articoli e conferenze scritti per i periodici napoletani e per quelli di altre città del Mezzogiorno. A darci poi un’idea della felice vena di epigrafista e della sua inarrivabile perfezione nel riassumere in poche, scultoree parole, dense di contenuto ed armoniche nella disposizione, pensieri e concetti di altissimo valore, basta leggere le epigrafi raccolte in appendice al volume dei “Discorsi “.
La caratteristica della sua eloquenza ed il segreto del fascino quasi misterioso che emanava dalle sue parole, improntano l’eccezionale abilità del Bovio come oratore ed il suo enorme successo. Come parlamentare, s’impose subito all’attenzione della Camera, acquistando nell’intera nazione la fama meritata di eloquente oratore. Quando il Parlamento era diviso da forti contrasti di opinioni, erano spesso gli interventi di Bovio che anche sulle piccole questioni si alzava nei cicli sereni delle idealità più nobili “, a riportare negli animi dei deputali calma e serenità. Nel tumultuoso periodo degli scandali bancari, egli fece parte, sia pure suo malgrado, della famosa Commissione d’inchiesta. Alla sua attività di uomo politico possono attribuirsi i seguenti scritti: “Dottrina dei partiti politici in Europa “, “Uomini e Tempi”, e i “Discorsi politici, illustrati da una dissertazione sul diritto di punire”.Dopo aver fatto trepidare l’Italia per un lungo periodo, a causa delle sue gravi condizioni di salute, Giovanni Bovio si spense a Napoli il 15 aprile 1913.