Appunti sull’ideologia di Zola

Appunti sull’ideologia di Zola

Zola attraverso lo studio attento degli scrittori realisti (H. Balzac, G. Flaubert) e delle teorie positivistiche elaborate in quegli anni da C. Darwin, H.-A. Taine e C. Bernard nell’Introduction à l’étude de la médicine expérimentale (1865), operò il passaggio dalle iniziali simpatie romantiche e idealistiche a una concezione definita “naturalistica” dell’opera d’arte. Ne fanno fede le prime opere narrative Contes à Ninon (1864; Racconti a Ninetta) e La confession de Claude (1865), già superate al loro apparire dalle originali formulazioni realistiche contenute in saggi e articoli come Mes haines (1866; I miei odi), Édouard Manet (1867), a sostegno dell’arte impressionista, Causeries (Conversazioni). Esse si trovano compiutamente espresse nella prefazione alla seconda edizione di Thérèse Raquin (1867 e 1868), dove il romanzo viene assimilato all’esperimento scientifico, materia umana e sociale filtrata dallo sguardo clinico e obiettivo dell’autore. Dopo Medeleine Férat (1868) concepì il progetto di una “storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo Impero”, ripetendo l’impresa di Balzac sulla Restaurazione e intitolandola Les Rougon-Macquart, i cui membri sottopose alle implacabili leggi dell’ereditarietà, del determinismo naturale e dei condizionamenti sociali, in un affresco brulicante di oltre mille personaggi situati in provincia, in La fortune des Rougon (1871), a Parigi in Le ventre de Paris (1873; Il ventre di Parigi), nel mondo ecclesiastico in La Conquête de Plassans (1874; La conquista di Plassans) e La faute de l’abbé Mouret (1875; La colpa dell’abate Mouret), a corte in Son excellence Eugène Rougon (1876), nell’ambiente operaio con L’assommoir (1877), di tutti il più crudele nella descrizione dell’abbrutimento umano e primo grande successo dell’autore. Un gruppo di giovani scrittori, fra cui G. de Maupassant, J.-K. Huysmans, P. Alexis, prese a riunirsi nella sua casa di Médan, riconoscendolo capofila della scuola naturalista , della quale le novelle di Les soirées de Médan (1880; Le serate di Médan) divennero il manifesto collettivo. Dal canto suo, Zola andò precisando e insieme difendendo le idee naturalistiche dagli attacchi virulenti della critica idealistica (F. Brunetière, E. Faguet) e della stampa borghese benpensante, con Le roman expérimental (1880), Le naturalisme au théâtre (1881), Les romanciers naturalistes (1881). Instancabilmente pubblicava gli altri volumi del ciclo: Nana (1880), Pot-Bouille (1882), Au bonheur des dames (1883; Al paradiso delle signore), La joie de vivre (1884; Gioia di vivere), Germinal (1885), che per la prima volta nella letteratura francese metteva al centro le lotte sociali; due anni dopo lo scrittore rappresentava in tutta la sua crudezza il mondo contadino in La terre, suscitando contro la “letteratura putrida” lo sdegno di un gruppo di giovani scrittori già naturalisti, firmatari di un Manifeste des Cinq (Manifesto dei cinque) che rinverdì la polemica antinaturalistica senza peraltro arrestare il successo di Zola e dei volumi conclusivi del ciclo: Le rêve (1888; Il sogno), La bête humaine (1890; La bestia umana), L’argent (1891; Il denaro), La débâcle (1892; La disfatta) e infine Le docteur Pascal (1893). Il proclamato rigore metodologico, basato sull’inchiesta preliminare, lungi dal produrre un’opera asettica e fotografica, costituiva un implacabile quadro della decomposizione della società. Tuttavia, la volontà di rappresentarne sempre “la media statistica” ne compromette, a dire di un critico marxista come G. Lukács, “la profondità della creazione realistica”, presente invece in Balzac. Lo stesso critico osserva comunque, esprimendo una opinione largamente diffusa, che Zola ha potuto essere un grande scrittore proprio perché non sempre riuscì a seguire con coerenza il proprio programma, descrivendo con colori e grandiosità romantica la vita moderna e soprattutto calandovisi con sentimenti e intenti progressisti e sempre più coscientemente socialisti. Verso la fine del secolo la sua figuragrandeggia, infatti, più che per le nuove opere (la serie Les trois villes: Lourdes, Rome, Paris, 1894-97), per la coraggiosa battaglia in difesa del capitano A. Dreyfus, aperta col famoso J’accuse pubblicato sull’Aurore e terminata, non senza lo scotto di una condanna e dell’esilio in Inghilterra, con la liberazione dell’accusato nel 1899. Attese ancora alla serie di Les quatre Évangiles (Fécondité, 1899; Travail, 1901; Vérité, 1903, e Justice, solo abbozzato), che va ad aggiungersi a varie raccolte di novelle (Contes et Nouvelles, postuma, 1929), a creazioni e riduzioni teatrali che inaugurano la nuova stagione del teatro naturalistico di A. Antoine, ad articoli di critica. Celeberrima nel suo tempo, l’opera di Zola non ha cessato di essere letta da un vasto pubblico, nonostante le diffidenze della critica che tardivamente ne ha valutato a fondo la complessità, evidenziando contrasti e varietà di temi, fuori dai rigidi schemi interpretativi del programma naturalista. Sicché, per un moderno approccio a quest’opera non basta il consueto metro storico di giudizio che la vede esclusivamente legata allo sviluppo del realismo letterario in Europa; vi si aggiungono quello estetico e quello morale, concorrendo a fare di Zola il prototipo dello scrittore di tipo nuovo e “impegnato” nel senso moderno del termine.

(H. Guillemin, Zola, légende ou vérité, Parigi, 1960; E. Cantoni, Appunti sull’ideologia di Zola, Torino, 1962; R. Ternois, Zola et ses amis italiens. Documents inédits, Parigi, 1967; H. Mitterand, H. Suwala, Èmile Zola journaliste, Parigi, 1968; R. J. Niess, Zola, Cézanne and Manet. A Study of “L’Oeuvre”, 1968; J. Borie, Zola et les mythes, Parigi, 1971; M. Bernard, Zola, Parigi, 1976; J. M. Grieu, Le théâtre lyrique de Zola, Parigi, 1983; Cl. Séassan, Èmile Zola. Le réalisme symbolique, Parigi, 1989; H. Mitterrand, Zola. L’histoire et la fiction, Parigi, 1990).

J’accuse e i diritti fondamentali dell’uomo

Dopo la guerra franco-tedesca il capitano ebreo Alfred Dreyfus divenne un caso emblematico di violazione dei diritti dell’uomo.

Il caso Dreyfus non è ancora chiuso. Quella di Dreyfus è stata per un certo periodo la storia più famosa al mondo. Il più grande scandalo politico e il maggior errore giudiziario mai avvenuto, l’antisemitismo, la battaglia mediatica, l’errore nel giudizio, gli equilibri di potere tra Francia e Germania, una vicenda senza tempo. Accusato di spionaggio a favore dell’impero tedesco il capitano ebreo Alfred Dreyfus fu deportato nell’isola del diavolo nella guyana francese dopo essere stato degradato in maniera plateale e umiliante. A nulla valsero le proteste della Francia innocentista e il J’accuse di Emile Zola.

Solo più tardi fu riabilitato, dopo una lunga serie di indagini. Ma la cosa più importante è che il clima antisemita, che nacque in quel periodo, fu sconfitto per riproporsi solo molti anni dopo in Germania. Questo forse è valso l’onore a Zola di difendere un cittadino ebreo da una ingiusta e impropria sentenza. Fu il primo diritto fondamentale dell’uomo ad essere difeso.

Fu probabilmente il più grande scandalo politico e il maggior errore giudiziario mai avvenuto, che nell’ultimo decennio dell’ottocento ossessionò la Francia e in seguito il mondo intero. La vicenda si verificò nel 1870 quando la Germania aveva annientato la Francia e occupato i territori dell’Alsazia e della Lorena, un evento sismico per l’equilibrio delle potenze europee e che pose le basi della prima guerra mondiale.

(Robert Harris – L’ufficiale e la spia – edizioni Mondadori – 2014).

Oggi il termine J’accuse è contemporaneo, fa politica e più volte viene ripreso dalla stampa per ricordare la storica difesa di Emile Zola e per dare una risonanza culturale alle violazioni dei diritti dell’uomo ancora perpetrate.

Violazione di diritti di cui l’Italia detiene il record dei risarcimenti in materia di sovraffollamento carcerario. Infatti la Corte di Strasburgo mantiene il nostro Paese sotto sorveglianza per i mancati interventi efficaci per ridurre il sovraffollamento. E’ alto il numero di  verdetti per i quali il Governo non è in grado di fornire informazioni sulla risarcibilità di cui non risultano corrisposti i danni riconosciuti dalla Corte.

Con il convegno a Pompei, sul famoso caso Dreyfus  “J’accuse” e con le nostre attività, fatte con l’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata in data 25 febbraio 2014 e con illustri professori universitari, si vuole dimostrare che tale è il comportamento di Emile Zola, che è rivolto ad un’azione politico-sociale, un impegno che in collaborazione con Hippolyte Taine (grande personaggio della politica francese) cofondatore dell’Istituto di Studi Politici di Parigi, oggi Scvienze Po, per l’elitè politica ed amministrativa francese e che ha formato quattro presidenti della V Repubblica, undici Primi Ministri e numerosi capo di Stato esteri. L’Istituto ha rappresentato una tappa fondamentale nella storia politica europea.

“J’accuse” non è una lettera di accusa ad un apparato o ad un’amministrazione della Giustizia. Si vuole solo porre in evidenza il modus operandi di Zola e di Taine, un modus operandi dinamico, non di pura letteratura ma di una letteratura che sfocia in azione politica, di politica sociale. Non è come per il Verismo, che prende le mosse dal Naturalismo ma che in Italia sfocia nel pessimismo forse per la tipologia di politica della Sicilia di allora priva di dinamismo e, forse,  un po’ immobile.

Viceversa il Naturalismo è dinamico come ogni movimento positivistico.

Questa lettera vuole essere una nostra presa di coscienza per quello che vorremmo fare per il futuro, un’azione sociale di miglioramento della società affrontando una terza repubblica più nuova e diversa.

Questi due personaggi hanno dato per lungo tempo lustro al Movimento Naturalista, parlando di tutte le problematiche che il Naturalismo abbraccia dalla scienza, all’agricoltura alla sociologia, alla letteratura, alla filosofia della politica, alle scienze naturali, musica, pittura e scultura. Due personaggi che hanno tenuto alto il nome della patria francese. “Patria di tutte le ideologie politiche” trasmesse poi in tutto il mondo. L’obiettivo di Zola, in merito alla sua ideologia progressista, è quello di poter incidere con i propri scritti sulla società ovvero denunciare le situazioni in cui vivono i ceti sociali emarginati con la speranza di un loro miglioramento. Il socialismo è una corrente ideologica, diffusa nei paesi industrializzati, che nacque con l’avvento della rivoluzione industriale, solo dopo il naturalismo.

Mentre l’atteggiamento ideologico di Zola e dei i naturalisti si evolve in un generico democraticismo iniziale con posizione dichiarate ad un socialismo umanitario più che al marxismo. Questo atteggiamento non riesce ad evolversi, con il suo ampio ambito di materie, in un partito e in un simbolo dei naturalisti ma viene incorporato nel socialismo, sia come simbolo che come partito.

Le ideologie e le dottrine come i veri partiti funzionano ancora.

Si potrebbe dire che questo movimento sia stato tirato fuori dalla Storia. Si può dire che sia stato colmato un vuoto che la storia ha provocato nei confronti di questa ideologia-dottrina dando ad esso una connotazione partitica.” Questa connotazione partitica è iniziata principalmente con attività e impegno nostro, di divulgazione dell’ideologia naturalista con incontri presso le Università e presso gli Ordini Forensi, con esperti e studiosi del naturalismo, sui diritti dell’uomo alla libertà e alla sicurezza, sulle origini letterarie storico-politiche di Zola e Taine e sul caso J’accuse.

Lo storico termine J’accuse, diretto e immediato, usato dallo scrittore politico Emile Zola in Francia ha influenzato tutti i settori della società, dello stato e dell’economia, e non solo, anche la Chiesa con Papa Francesco, la giustizia con il CSM e sue rappresentanti, i Comuni, gli economisti e le borse,  la Corte dei Conti, i Presidenti della Repubblica, gli economisti e la finanza internazionale. E’ davevro incredibile quello che è riuscito a fare, con un’azione politica diretta e immediata un termine e che alla fine comunque porta un chiarimento, una risoluzione, un determinismo che tutte le altre parole in politica a  nulal valgono.

Il giornale che pubblicò il J’accuse di Emile Zola. Una locuzione ancora oggi tanto usata. La frequenza contemporanea di un modo, di una locuzione  di esprimersi politico ancora efficace dove l’intellettuale Zola ha fatto scuola e proselitismo, in tutti i campi della politica scritta e parlata.

La contemporaneità del termine J’accuse

I convegni del Movimento Naturalista

Convegno organizzato all’Università di Bari sul naturalismo francese.

Il presdiente Gabriele Nappi, il Prof. Rosario Pinto

Convegno organizzato con l’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata al Comune di Pompei su: I Diritti Fondamentali Umani. Aspetti penalistici.

Il presidente Avv Gennaro Torrese dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata e il sindaco di Pompei Claudio D’Alessio.

Santuario di Pompei

Convegno Università di Salerno sull’ideologia naturalista.

Il Prof. Marcello Ravveduto, il presidente Gabriele Nappi, il Dott. Antonio Santoro e il Prof. Rosario Pinto

Convegno Comune di Torre Annunziata:I Diritti Fondamentali dell’Uomo. Libertà e Sicurezza. La Convenzione dell’Unione Europea. Aspetti civilistici.

Il presidente Gabriele Nappi, il Prof. Rosario Pinto, l’Avv Gennaro Torrese, il sindaco Giosue’ Starita, l’Avv. Pierina Di Stefano

Naturalismo-Verismo in Italia

Nella letteratura le forme di naturalismo si evolvono in Europa con Flaubert, con i fratelli Edmond e Jules De Gouncourt, con Alphonse Daudet, Guy De Maupassant ed Emile Zola che è il capo scuola del Naturalismo, il suo interprete maggiore, che come detto esercita una grande influenza su tutta la letteratura italiana, come testimonia l’opera critica di Capuana e il massimo critico dell’ottocento italiano Francesco De Sanctis. Infatti, in Italia, pur guardando al naturalismo francese, questo movimento prende però il nome di Verismo per il fatto che l’interesse dello scrittore italiano è prevalentemente rivolto solo alla società contadina e non al mondo operaio non essendoci ancora in Italia uno sviluppo industriale.

Primo teorico ma anche primo autore è Luigi Capuana (1839-1915) che nella sua Storia della letteratura italiana del 1882 ( dopo aver letto con interesse Balzac e Zola) afferma che l’artista deve richiamarsi direttamente al “vero”;  “il valore dell’arte nello scrivere consiste nella sua efficacia documentaria”; “il linguaggio deve essere fedele ai personaggi, riflettendo il loro mondo culturale e umano e non quello dello scrittore”.

Engels parlando di Balzac aveva dunque ragione.

Capuana segna il primo momento consapevole del Verismo italiano che con Giovanni Verga (1848-1922) conosce i suoi esiti più alti; poi Renato Fucini (1834-1921), Mario Pratesi (1842-1921) e infine Federico De Roberto (1866-1927) che con il suo Vicerè è un antecedente del Gattopardo di Tommaso Lampedusa.

Perché anche nel novecento il Naturalismo trova numerose interpretazioni con quello che viene chiamato “realismo critico” sulla lucida autocoscienza della crisi borghese, come Thomas Mann (1875-1955) e fra il 1930-1940 Andrè Malraux, Jean Paul Sartre, Albert Camus.

Mentre nel quadro italiano si possono aggiungere gli “spaccati” di vita umana e sociale di Italo Svevo, Luigi Pirandello, Matilde Serao e infine Grazia Deledda che è già tra il Verismo e il Decadentismo.

Grazie ad uno straordinario sviluppo della scienza e all’evoluzione della tecnica le condizioni di vita dell’uomo cambiarono. Le condizioni generali di vita migliorarono.

In questo periodo la scienza diviene l’unica guida accettata della vita. Charles Darwin propone la teoria della selezione umana, dando un taglio alla concezione teologica dell’universo e ponendo le basi per una teoria laica e scientifica dell’origine dell’uomo.

In europa

I massimi esiti della narrativa naturalista si ebbero ovviamente in Francia. In Germania giunse più tardi, nel 1885, con la rivista Die Gesellschaft fondata a Monaco da Michael Georg Conrad, ma già da qualche anno i fratelli Hienrich e J. Hart a Berlino, si erano schierati a favore del Naturalismo. La formulazione teorica del naturalismo tedesco venne data più tardi da Arno Holz, che insieme al poeta J. Schlaf, scrisse la raccolta di novelle Papa Hamlet (1889).

In definitiva il naturalismo fu in tutti i Paesi d’Europa, come fenomeno diffuso oppure con dei casi isolati, come Gissing e Bennett in Inghilterra, Palacio-Valdes e la Pardo-Bazan in Spagna, Eca de Queiros in Portogallo. Negli Stati Uniti il naturalismo fu introdotto da E. Watson Howe e accompagnò lo svilupparsi della giovane letteratura americana.

Per far radicare il Naturalismo politico negli altri Stati si punta sugli intellettuali, ma ovviamente bisogna affermarsi in Italia. Sono molti i rappresentanti del Naturalismo italiano, anche Zola era un italiano, con il vantaggio di aver vissuto in Francia all’epoca delle grandi ideologie politiche e partitiche. Bisogna confermare e celebrare il Naturalismo che Zola stesso desiderava si affermasse.

Quali le caratteristiche?

I^ Concepisce l’arte come studio scientifico e impersonale della natura.

II^ E’ volto allo studio e alla rappresentanza della realtà umana nei suoi aspetti più concreti e a volte brutali (bassifondi delle grandi città, l’esistenza miserabile delle classi operaie).

III^ Gli autori si sforzano di essere aperti alle realtà, in particolare alla realtà dell’improvviso sviluppo della borghesia industriale che apre le porte al problema sociale delle masse operaie.

IV^ La natura è assunta non solo come oggetto di riflessione filosofica ma anche e soprattutto come punto di riferimento determinante e assoluto per quanto riguarda la vita e gli interessi dell’uomo.

V^ Ripudio della metafisica ma anche del realismo perché si limita a riprodurre un’immagine fedele della natura, affondando in una visione pessimistica e materialistica del mondo.

VI^ Il linguaggio deve essere realistico quando non addirittura mimetico.

VII^ Fiducia nella scienza e nel progresso.

VIII^ I fenomeni psicologici e sociali sono considerati prodotti dell’attività biologica, fisiologica e psicologica dell’individuo e dei rapporti tra gli individui. Scriveva Hippolyte Taine che l’individuo è la risultante del concorso di tre fattori determinanti:

IX^L’ambiente (mileu)

X^Il momento storico (moment historique)

XI^La razza di appartenenza (race)

XII^ Una visione fortemente negativa della realtà sociale attuale (nuova società industrializzata) è associata ad un ottimismo fondato sul progresso della scienza. Il naturalismo è volto, dunque, allo studio e alla rappresentanza della realtà umana colta nei suoi aspetti più concreti.

Descrivere l’ambiente è per gli scrittori naturalisti una necessità, perché secondo Taine i comportamenti dei personaggi sono determinati dall’ambiente, dall’ereditarietà e dalla razza. Le vicende della vita sociale e collettiva, che costituiscono il tema dominante della narrativa naturalista, sono osservate e narrate secondo i rigidi canoni dell’oggettività.

Angelo Camillo De Meis interviene a sua volta con una teoria che pretende di sfuggire sia ad un idealismo privo di oggetto che ad un realismo “ingenuo” attraverso una sintesi di spiritualismo ed evoluzionismo: in tal modo, la soluzione ideorealistica sembra avvicinarsi a quelle posizioni teleologiste e “vitaliste” che, a partire dalla seconda metà del XIX fino ai primi decenni del XX secolo, tornano in auge nelle scienze naturali (ad es. Lotze, von Baer, Driesch ecc.), anche se un tale esito non riesce a superare in modo chiaro, come notava già Eugenio Garin (Storia della filosofia italiana, Torino 1978, vol. III, p. 1239), l’ambigua oscillazione tra misticismo e naturalismo. Al persistente dualismo – sul piano teoretico – di spirito e materia, di intelletto e realtà, corrisponde nel pensiero politico-giuridico di De Meis il dualismo tra stato e libertà, sovranità e legalità, che è, anche qui, l’espressione di un percorso originale, anche se forse non sempre concettualmente del tutto coerente, del pensatore abruzzese. In linea con un approccio democratico alla politica, De Meis ritiene che il fondamento dell’ordine statale, il vero “corpo costituente”, sia il popolo, inteso però organicamente come una realtà concreta di natura spirituale (De Meis parla anche di: “Io assoluto”, “coscienza”, “volontà generale” ecc.)- che realizza nella storia e attraverso le istituzioni se stesso-, e non in un senso meramente empirico-sommativo. Vera libertà è quindi “riconoscere questa legge, questo principio e seguire la natura delle cose, seguire cioè la norma interna della realtà in cui si deve agire”. Questo piegarsi dell’individuo singolo alla ragione concreta del tutto e al suo agire potrebbe far pensare ad una forma di “statolatria”. In effetti si mette in evidenza come De Meis sviluppi invece, su questo punto, una sua personale forma di liberalismo, meglio di “liberalconservatorismo”, in cui lo stato, lungi dal contrapporsi ai singoli individui e alle loro volontà, deve realizzarsi proprio attraverso di essi, in una coscienza morale condivisa. Medium tra stato e società, tra idea e fatto, è il diritto: l’opera del legislatore si pone così sul crinale tra il riconoscimento della realtà esistente e l’esigenza di attuare in pieno la forma ideale in essa implicita. Al cittadino deve essere riconosciuto il diritto di partecipare alla vita dello stato attraverso gli organi rappresentativi costituzionalmente codificati, ma – allo stesso tempo – egli ha il dovere individuale di superare la sua condizione particolare per elevarsi ad una piena maturità, allo stesso tempo etica e civile. Proprio questo bilanciamento dei due fattori, quello collettivo, determinato di un’azione statale politicamente unitaria e all’occorrenza, riformatrice, e quello individuale, partecipativo e morale, spiegano l’interpretazione demeisiana della democrazia. Se né lo stato da solo può, in modo immediato, essere il rappresentante dell’intero ethos nazionale, né la società, intesa “astrattamente” come somma di individui, può raggiungere attraverso i semplici strumenti parlamentari l’unità spirituale e la concreta rappresentatività storica di una comunità, allora il pieno auto-governo del cittadino attraverso lo stato non può che realizzarsi nel tempo e solo gradualmente. Ciò chiarisce il complesso giudizio di De Meis sulla democrazia, finanche la sua “ambivalenza” e la sua “ambiguità” su un tale importante tema.

(Giuseppe Sorgi – Angelo Camillo De Meis – Dal naturalismo dinamico alla teoria del sovrano – Edizioni Scientifiche Italiane 2003).

Chi teme il rischio della libertà è facilmente indotto a cercare protezione nel magistero di qualche chiesa o nei dettami di qualche comitato di bioetica. Alle pretese dogmatiche di varie fedi Boniolo contrappone la sobrietà scientifica di Darwin, rovesciando completamente gli stereotipi della bioetica per presentare un uomo che rivendica i propri diritti ma anche che si assume le proprie responsabilità.

(Il limite e il ribelle. Etica, naturalismo, darwinismo. – Boniolo Giovanni).

La scrittura di Zola tra naturalismo e impressionismo
Iscrizione obbligatoria entro il 7 gennaio a: casadelletraduzioni@bibliotechediroma.it – Riservato ai possessori Bibliocard.

Casa delle Traduzioni – Roma 
giovedì 15 gennaio 
ore 13.00 – 17.00
 

Laboratorio di traduzione dal francese 
a cura di Donata Feroldi 

Se, come sostiene Meschonnic, il ritmo è l’organizzazione del movimento del discorso da parte di un soggetto e se, come afferma Duras, gli errori musicali(ossia legati alla microfisica del testo) sono i più gravi, come affrontare la traduzione di un autore che trasferisce le tecniche pittoriche dell’impressionismo all’ambito della scrittura narrativa? Quando ci si trova di fronte a un testo, come riconoscere le strategie compositive che hanno presieduto alla sua stesura e, di conseguenza, dettano le regole della sua restituzione in un altro idioma? Émile Zola opera una prima traduzione dalla pittura alla letteratura: uno slittamento di mezzi e di approccio estetico – costruttivo dalla tela alla pagina. Nella necessità di dipingere l’ambiente galante, sfavillante – e corrotto  – del Secondo Impero, si affida alle modalità adottate dai suoi amici impressionisti per esplorare il meccanismo della visione, trovando il loro corrispettivo in un particolare uso della punteggiatura, nella torsione della sintassi e in una precisa scelta e modalità di accostamenti lessicali, in una lingua che cromaticamente evoca più che disegnare, grazie al colorismo vocalico e consonantico. Il traduttore – nella consapevolezza della strategia autoriale – è chiamato a trovarne il corrispettivo nel proprio idioma, secondo le risorse letterarie di cui dispone.  Il seminario – prendendo in considerazione le pagine iniziali di Nanà e de L’Argent – si propone di mostrare come le nozioni di ritmo e di intertestualità, non limitate al semplice terreno della scrittura, ma ampliate ad altri ambiti estetici (in questo caso, la pittura), possano guidare le scelte traduttive, aiutando a dirimere i dubbi e le difficoltà che si presentano nel corso del lavoro, correggendo le storture che potrebbero derivare da un’interpretazione troppo letterale di Zola del naturalismo.
(Donata Feroldi, studiosa di letteratura comparata, traduttrice e lessicografa, ha tradotto e curato, tra gli altri, testi di M. Porete, T. Gautier, P. Morand, P. Drieu La Rochelle, M. Duras, G. Debord e Y. Bonnefoy.)

Piace quest’articolo perche si ricollega direttamente al Movimento Naturalista, proprio pensare per immagini, creando guardando e’ il giusto abbinamento naturalista. Io riprendo proprio il pensiero di Ungaretti, Carducci, D’Annunzio. Montale particolare naturalista, dove si dice che la punteggiatura rallenta il pensiero, frena e gli artisti sono cosi’ un po’ persi se non saltano il passaggio punteggiatura, C’e’ torsione di sintassi sicuramente, ci si deve sforzare, scelte e modalita’ di accostamenti lessicali un po’ particolari. In parole povere il retroscena di quando si scrive un articolo o un libro c’e’ bisogno che la mente scorra, il pensiero scorra senza farlo frenare. Gli artisti, i geni sono cosi’  e questo vale per la musica, la pittura, la scultura, gli scrittori.  E’ ovvio che a compimento e quando ci si tiene per un lavoro si compiano quei ritocchi che valgono per la punteggiatura  per lo scrittore, le pause per i musicisti, ecc-.

Dunque Ungaretti, Carducci e altri avevano utilizzato un scrittura con poca punteggiatura e particolari scelte di accostamenti lessicali, direi nemici della punteggiatura.

Confronto tra naturalismo e verismo

Zola – scrittore ‘impegnato’ del Naturalismo, la realtà dinamica delle grandi città francesi.

Verga – scrittore non impegnato del Verismo, realtà arretrata e statica del mezzogiorno d’Italia.

“Il Naturalismo e, il Movimento Naturalista Italiano, nella loro natura ci rendono consci del valore che bisogna gestire politicamente. Per tre anni di seguito questo argomento è stato oggetto di tracce per i maturandi il materie come letteratura con il Verismo nel 2011, 2012 e 2013 e nel 2014 in Lingue:lingua francese: il Naturalismo. Siamo contemporanei”.